«Orgogliose come demoni»: le monache ribelli di Port-Royal
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2421-4124/12593Parole chiave:
Port-Royal, monache di clausura, obbedienza, velo monastico, Angélique Arnauld, Angélique de Saint-Jean, Jacqueline PascalAbstract
Il testo parte dalla domanda che si pongono le monache di Port-Royal: la condizione monastica può ignorare la voce della coscienza? Gli esiti drammatici innescati dall’interrogativo affondavano le radici in un libro pubblicato nel 1640: Augustinus di Cornelis Jansen che proponeva una religiosità senza compromessi appellandosi al pensiero del santo vescovo. Quel libro coagulò attorno a sé un movimento spirituale che segnò il secolo XVII con un marchio di diversità e opposizione al potere dominante, politico e religioso. Ma forse il Giansenismo non sarebbe mai stato un riferimento etico così attraente senza Port-Royal, che il re volle distruggere proprio per disperdere il movimento. L’abbazia cistercense però fu prima di tutto una comunità di donne consacrate alla preghiera eppure, l’ampiezza delle controversie teologiche di cui divenne centro e la vasta produzione letteraria che la circondò, ha finito per eclissare quel primato del colloquio con Dio che era l’ambizione più alta delle religiose. D’altra parte era difficile che non suscitasse scandalo, nella Francia del Seicento e non solo, un gruppo di monache austere che rifiutava l’obbedienza cieca. La distruzione dell’abbazia non riuscì comunque a spegnere la voce delle sue abitanti e il loro comportamento ci interpella ancora.
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